Acciaio verde: arriva il più grande stabilimento al mondo

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Acciaio verde: arriva il più grande stabilimento al mondo

C’è anche l’Italia, o meglio diverse realtà italiane, nel progetto di H2 Green: il primo grande stabilimento al mondo che produrrà acciaio verde.

Acciaio verde: il progetto di un grande stabilimento

Il Financial Times annuncia la nascita di una cordata per la realizzazione del primo grande stabilimento nel modo, interamente dedicato alla produzione dell’acciaio green.

Nell’iniziativa, volta a finanziare una startup svedese, sono coinvolte le famiglie Agnelli, Wallenberg e Maersk, oltre ad aziende come Mercedes-Benz, Ikea, Marcegaglia, Scania e l’amministratore delegato di Spotify. Un gruppo nutrito che ha raccolto un capitale di 105 milioni di dollari, per finanziare la H2 Green.

Henrik Henriksson, amministratore delegato della società, dichiara:

“È la perfetta miscela di investitori che vogliamo avere. C’è la volontà di aiutare l’industria dell’acciaio a trasformarsi e la comprensione che è urgente farlo. Non possiamo aspettare fino al 2050, dobbiamo agire adesso.”

La H2 Green ha l’obiettivo di avviare la produzione nel 2024, stabilendosi appena sotto il circolo polare artico. L’ambizione è quello di produrre ogni anno 5 milioni di tonnellate di acciaio ad emissioni zero, entro il 2030, grazie all’impiego di idrogeno prodotto con energie rinnovabili invece che del metodo tradizionale a carbone.

Come viene prodotto l’acciaio verde?

L’acciaio green consente il taglio delle emissioni inquinanti, utilizzando l’idrogeno in fase di produzione. Ci sono però diversi studi di fattibilità, ma quello della startup svedese sarebbe il primo stabilimento ad avviarne la produzione industriale.

Carlo Mapelli, del Politecnico di Milano ed esperto di siderurgia, spiega a Il Sole 24 Ore che la fase progettuale è ancora in corso. Nel dettaglio:

“Con l’idrogeno si può alimentare un impianto di preridotto di ferro, la carica dell’altoforno, ma non la produzione di acciaio da altoforno. Quest’ultimo, per ragioni strutturali e non chimiche, non può fare a meno del carbone per il flusso della carica dall’alto verso il basso. Si può invece sostituire un po’ di carbone con gas naturale per riscaldare le tubiere dell’altoforno. Calcolando 500 chili di coke per produrre una tonnellata di ghisa, 180 chili possono essere sostituiti da idrogeno.
Per la preriduzione, l’idrogeno si usa ma non continuativamente. Una società in Messico ha fatto già delle sperimentazioni e si è visto che funziona.
La ricerca scientifica per un altoforno ad idrogeno è ancora ad uno stato molto embrionale.”

Qui l’articolo originale del Financial Times European groups pump money into Swedish ‘green steel’ start-up

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