Climate Change Performance Index 2023: Italia ferma a metà classifica

Climate Change Performance Index 2023

Climate Change Performance Index 2023: Italia ferma a metà classifica

In occasione di COP27, presentato il Climate Change Performance Index 2023, è il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta. Italia al 29° posto.

Climate Change Performance Index 2023: quali Paesi guidano il cambiamento

Il Climate Change Performance Index 2023, è il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta curato da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia. I parametri di riferimento sono gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030, che vengono misurati attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

Il primo dato riguarda le prime tre posizioni in classifica, che restano vuote anche quest’anno: nessuno dei Paesi analizzati (59 nazioni e l’Unione Europea nel suo complesso, che rappresentano oltre il 90% delle emissioni climalteranti nel mondo), ha raggiunto le prestazioni necessarie a fronteggiare la crisi climatica e a contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica di 1,5°C.

Guidano la classifica Danimarca e Svezia, che si posizionano rispettivamente al quarto e quinto posto, in particolare per l’abbandono delle fonti fossili e lo sviluppo delle rinnovabili. Seguono Cile, Marocco e India impegnate sulla lotta al cambiamento climatico nonostante le difficili situazioni economiche. Chiudono la classifica i Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Iran, Arabia Saudita e Kazakistan.

Perde 13 posizioni la Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, che passa al 51° posto.

Nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili, le emissioni cinesi aumentano a causa del forte ricorso al carbone e la scarsa efficienza energetica del sistema produttivo. Al 52° posto troviamo gli Stati Uniti, che però salgono di tre posizioni, segnando quindi un miglioramento.

Italia in stand-by al 29° posto

E l’Italia?

Il Belpaese guadagna una sola posizione, passando dal 30° al 29° posto, attestandosi sostanzialmente a metà classifica. Uno stallo da attribuire principalmente il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica che ancora non risponde in maniera adeguata al raggiungimento degli obiettivi. L’attuale Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), infatti, consente un taglio delle emissioni di appena il 37% rispetto al 1990 entro il 2030.

Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, commenta:

“Serve una drastica inversione di rotta. Si deve aggiornare al più presto il PNIEC per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti, in linea con l’obiettivo di 1.5°C, di almeno il 65% entro il 2030. Andando, quindi, ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025, senza ricorrere a nuove centrali a gas. L’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65%, soprattutto grazie al contributo delle rinnovabili, ma deve velocizzare sia gli interminabili iter di autorizzazione dei grandi impianti industriali alimentati dalle fonti pulite sia quelli delle comunità energetiche, causati soprattutto dai conflitti tra ministero dell’ambiente e della cultura e dalle inadempienze delle Regioni.”

Qui l’intero report