Principio DNSH: cos’è e come funziona

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Principio DNSH: cos’è e come funziona

Il principio DNSH sarà un pilastro della nuova normativa ambientale, e la Commissione europea interviene con un documento che ne spiega le applicazioni.

Cos’è il principio DNSH?

Il principio DNSH è l’acronimo di do not significat harm (non arrecare un danno significativo).
Lo scorso 11 ottobre è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Comunicazione della Commissione UE C/2023/111 che aggiorna gli “orientamenti tecnici sull’applicazione del principio do not significant harm”.

Il principio DNSH è stato introdotto nel 2021 in concomitanza con il programma Next Generation Eu, volto a favorire la ripresa dell’Unione europea dopo la pandemia di Covid-19. Si tratta dunque di un principio che i 27 dovrebbero applicare nei propri piani nazionali.

Occorre sapere che il principio DNSH non è prescrittivo ma valutativo, saranno cioè i singoli paesi membri a valutare se si verifica un danno ambientale, sulla base della tassonomia delle attività economiche considerate sostenibili.

Questo principio, inoltre, può orientare i finanziamenti verso una filiera o l’altra, dunque pur non essendo prescrittivo, può generare degli indirizzi d’azione.

Gli aggiornamenti introdotti in ottobre, afferma la Commissione:

“si limitano a definire le modalità di applicazione del principio DNSH esclusivamente nel contesto dei dispositivi per la ripresa e resilienza, tenendo conto delle sue caratteristiche specifiche, e non pregiudicano l’applicazione e l’attuazione del regolamento sulla tassonomia e di altri atti legislativi adottati in relazione ad altri fondi dell’Ue.”

Gli obiettivi del principio DNSH

Vediamo nel dettaglio i sei obiettivi ambientali previsti dal principio DNSH. Si ritiene che un’attività arrechi un danno significativo a:

  • mitigazione del cambiamento climatico se porta a significative emissioni di gas serra (GHG);
  • adattamento ai cambiamenti climatici se determina un aumento dell’impatto negativo del clima attuale e del clima futuro previsto sull’attività stessa o sulle persone, sulla natura o sui beni;
  • uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine se nuoce al buono stato o al buon potenziale ecologico dei corpi idrici, comprese le acque superficiali e sotterranee, o al buono stato ecologico delle acque marine;
  • economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se porta a significative inefficienze nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto delle risorse naturali, o se aumenta significativamente la produzione, l’incenerimento o smaltimento dei rifiuti, o se lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti può causare danni ambientali significativi e a lungo termine;
  • prevenzione e controllo dell’inquinamento se comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo;
  • protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi se pregiudica in modo significativo il buono stato e la resilienza degli ecosistemi o lo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse dell’Unione.